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domenica 5 ottobre 2014

Telepatia come negli ”X Men”? Esperimento di neuroscienziati sulla comunicazione tra cervelli

È possibile una comunicazione “cerebrale” diretta tra due individui molto distanti tra loro e impossibilitati a osservarsi l’un l’altro?

Una recente scoperta scientifica ci dice: sì, tutto questo è già possibile oggi.
Anzi, questo tipo di comunicazione non è una semplice comunicazione "tra cervelli", ma è una comunicazione tra menti coscienti: si può affermare dunque che è possibile comunicare “mentalmente”.
Alvaro Pascual-Leone docente di neurologia ad Harvard ha diretto l’equipe scientifica che ha condotto questa ricerca formata da psicologi, neurologi e ingegneri, alla quale ha partecipato il nostro Giulio Ruffini, fisico che si occupa di robotica e sviluppo di tecnologie per le neuroscienze. I risultati dello studio sono stati pubblicati dopo un processo di revisione e validazione il 


 Probabilmente non si tratta di vera e propria telepatia, poichè qui non vi è nulla di "paranormale", si tratta bensì della capacità umana di emettere, inviare e riconoscere, segnali che vanno molto al di là delle attitudini sino ad oggi attribuite al nostro cervello.
Il prof. Pascual-Leone, infatti, ha affermato: «Crediamo che questi esperimenti rappresentino un importante primo passo per esplorare la fattibilità di integrare o bypassare la comunicazione tradizionale basata sul linguaggio o sul non verbale».
o studio segue altri recenti esperimenti sulle interfacce uomo-uomo attraverso il cervello. Nel 2013 i ricercatori dell’Università di Washington riuscirono a far muovere il dito di un soggetto grazie alla stimolazione prodotta dal cervello di un altro individuo, posto a distanza dal primo. La prima comunicazione diretta tra due cervelli però fu dimostrata su una coppia di ratti dall’equipe del prof. Lebedev della Duke University, il quale ha collaborato anche a questo ultimo studio.


L'’importanza della ricerca attuale e la sua innovatività risiedono, invece, nel fatto che per la prima volta si sono messe in comunicazione diretta due menti umane utilizzando interfacce non invasive.
Inoltre i soggetti umani coinvolti nello studio eranocoscienti e quindi consapevoli delle proprie intenzioni, comunicate attraverso l’elaborazione di “pensieri” che essi inviavano coscientemente l’uno all’altro.
Le parole “ciao” e “hola” sono state “pensate” da un soggetto in India e ricevute e comprese dall’altro soggetto in Francia.
Questo è stato possibile attraverso una sofisticata strumentazione che ha consentito di decriptare il pensiero umano servendosi di elettroencefalogramma (EEG) e stimolazione magnetica transcranica (TMS) mediate da computer collegati in rete. Emittente e ricevente umani non hanno avvertito in alcun la presenza dell’interfaccia elettronica, ma sono stati semplicemente in grado di far parlare le loro “menti”.


Chissà cosa avrebbe detto Carl Gustav Jung che studiò da scienziato ma con le conoscenze della sua epoca fenomeni “non causali” come appunto la telepatia o alcune particolari coincidenze che chiamo “sincronicità”. Egli, infatti, collaborò con il premio Nobel per la fisica e padre della meccanica quantistica, l’austriaco Wolfgang Pauli, con il quale nel 1952 pubblicò il lavoro “sincronicità come principio di nessi tra eventi acausali”. La psicologia analitica junghiana ha da sempre cercato di fornire una spiegazione scientifica a questi avvenimenti o comunque di interpretarli come manifestazioni psichiche, senza mai dunque abbracciare ipotesi metafisiche.
In un futuro non remoto, sarà in conclusione possibile immaginare realisticamente che potremo contare su una nuova e più diretta forma di comunicazione tra individui e che i messaggi cervello-cervello potranno divenire molto comuni e anche a più basso costo. Tutto ciò, come ricordano anche gli autori della ricerca, avrà evidenti ricadute anche sociali e dovrebbe in ogni caso accompagnarsi a riflessioni di natura etica oltre che a un adeguamento della legislazione in materia di comunicazione a scenari probabilmente non più così lontani.
Fonti:

sabato 7 settembre 2013

Scienziato russo fotografa l’anima nel momento in cui lascia il corpo dopo la morte: le immagini

L’esatto momento in cui l’anima lascia il corpo sembra essere stato catturato dallo scienziato russoKonstantin Korotkov, direttore del Research Institute of Physical Culture di San Pietroburgo, che avrebbe fotografato una persona con un dispositivo bioelettrografico nel momento esatto in cui è deceduta.
Korotkov ha scattato la foto con la tecnica Kirlian: il metodo, adottato dal Ministero della Salute russo ed utilizzato da oltre 300 medici in tutto il mondo come forma di monitoraggio per malattie come il cancro, è stato perfezionato da Korotkov con tecnica GDV (Gas Discharge Visualization) che ha poi applicato su una persona in punto di morte. L’alone azzurro nell’immagine a sinistra rappresenta il momento in cui, secondo lo scienziato, l’anima sta abbandonando il corpo che, una volta spirato il soggetto, diviene rosso.
Secondo Korotkov, l’ombelico e la testa sono le parti che per prime perdono la loro forza (cioè l’anima) mentre l’inguine ed il cuore sono le aree che vengono abbandonate per ultime.

Lo scienziato ha affermato che le immagini da lui ottenute dimostrerebbero che l’anima ritorna più volte nel corpo, specie in caso di morte violenta o improvvisa, come se manifestasse uno stato confusionale e ritornasse nel corpo nei giorni seguenti alla morte: lo scienziato ascrive il fenomeno ad energia non utilizzata che è contenuta nell’anima. Per Korotkov più la morte è improvvisa e non naturale, più l’anima, rappresentata dalle onde elettromagnetiche fosforescenti, resta a lungo vicino al corpo, quasi stentasse ad accettare l’improvvisa separazione.
Per Korotkov, la tecnica potrebbe essere utilizzata per monitorare tutti i tipi di squilibri biofisici, per le diagnosi in tempo reale ed anche per svelare se una persona possiede poteri psichici o meno.
venerdì 6 settembre 2013, 21:19 di