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venerdì 31 dicembre 2010

Chiesa del Gesù nuovo, svelato il mistero Musica scolpita nella facciata























di Pietro Treccagnoli
NAPOLI (28 dicembre 2010) - 

Il Gesù Nuovo non è solo un capolavoro dell’arte barocca che nei secoli ha sedotto studiosi e viaggiatori. Non è solo il tempio di una fede che da controriformistica si è trasformata in schietta devozione popolare. Non è neanche solo una cartolina di Napoli che, anni fa, finì sul retro 
delle diecimila lire. Non è nemmeno il semplice contraltare dell’ascetico e gotico monastero di Santa Chiara. È questo, ma è anche un pentagramma a cielo aperto, con una musica scolpita nella facciata e finalmente decifrata da uno storico dell’arte, Vincenzo De Pasquale, 55 anni, con la 
passione per il misterioso Rinascimento napoletano, quello vero e non quello posticcio dell’ultimo quindicennio.


La sua indagine, cominciata nel 2005, insieme a Salvatore Onorato che l’ha aiutato nei sopralluoghi, assomiglia, ma senza i delitti connessi, a quella del «Codice da Vinci» e spazia dall’ Italia all’Ungheria, dal cuore sacro di Napoli ai trompe-l’oeil rococò di Eger, cittadina magiara quasi 
ai confini con l’Ucraina. La scoperta ha del clamoroso. In breve, i segni che sono 
incisi sul bugnato della facciata del Gesù Nuovo non sono altro che la partitura di un concerto per strumenti a plettro (mandole e affini).Infatti a osservare bene le pietre nere vulcaniche si scoprono dei segni di circa dieci centimetri. «Finora si è pensato che fossero i simboli delle diverse cave di piperno dalle quali provenivano» spiega De Pasquale, mostrando un largo foglio che riproduce pietra per pietra la facciata della chiesa.


«Sono invece delle lettere aramaiche. L’aramaico era la lingua parlata da Gesù. Sono solo sette segni e ognuno corrisponde a una delle note». Lette in sequenza da destra a sinistra, guardando la chiesa, dall’edificio del liceo pedagogico Fonseca a quello del liceo classico Genovesi, e dal basso 
verso l’altro, le incisioni, tradotte in note, compongono una musica della durata di quasi tre quarti d’ora. Sul significato delle scritte sulle bugne, in passato, ci sono state diverse interpretazioni che puntavano sull’occulto, immaginando segreti che i maestri pipernai si trasmettevano oralmente. Qualcosa che riguardava l’alchimia. Sarebbero servite a convogliare le energie positive dall’esterno all’interno dell’edificio. Un’interpretazione tipicamente rinascimentale che trascinava con sé una leggenda.



L’imperizia degli operai che lavorarono alla realizzazione delle bugne a punta di diamante avrebbe fatto collocare le pietre in modo scorretto. Per questo le energie positive si sarebbero trasformate in negative, attirando sul palazzo numerose sciagure (l’ultima, durante la seconda guerra mondiale, con la caduta di una bomba proprio sul soffitto della navata che però, miracolosamente, non esplose). Qualcosa non quadrava nell’ interpretazione esoterica dei simboli. E un motivo c’era. Non si trattava di magia, ma più semplicemente e profanamente di musica, sebbene travestita in lettere semitiche e legata alla filosofia di ascendenza pitagorica che ha da sempre cercato l’armonia degli astri. L’attuale chiesa insiste su un palazzo civile, privato, completato nel 1470 da Novello da San Lucano, per i potenti Sanseverino. 
Fu confiscato da Pedro di Toledo, nel 1547, perché la nobile famiglia appoggiò la rivolta popolare contro l’Inquisizione, e fu donato ai gesuiti che conservarono con poche variazioni la facciata civile, rendendo unica la basilica. L’uso di segni che componevano una musica non era inusuale negli anni del tardo umanesimo.


«Gli stessi Sanseverino» racconta De Pasquale «fecero incidere dei simboli musicali nel loro palazzo a Lauro di Nola e un codice armonico misterioso è sulla facciata di palazzo Farnese a Roma».
Ma come mai s’era persa la memoria delle «note aramaiche»? De Pasquale l’attribuisce alla Controriforma che definì nuove e rigide norme per la pittura e per l’arte in genere, cancellando a 
poco a poco le tracce di originalità terrene che collidessero con le verità trascendenti del cattolicesimo tridentino. E i gesuiti furono i baluardi della nuova catechesi. Ironia della sorte, ad aiutare De Pasquale nella soluzione del problema è stato proprio un padre gesuita ungherese, Csar Dors, della lontana Eger, esperto di aramaico.


Ma il grosso l’ha fatto un musicologo, sempre magiaro, Lòrànt Réz, amico dello storico napoletano. «Proprio ad Eger, davanti a un piatto di gulasch e un bicchiere di tokai» racconta il Robert Langdon nostrano «Lòrànt cominciò a far concordare lettere e note, abbozzando lo spartito, scrivendolo sul retro del menù di un ristorante».


Il concerto è stato intitolato «Enigma», ed è stato trascritto per organo, invece che per strumenti a plettro. «È musica rinascimentale che segue i canoni gregoriani» aggiunge De Pasquale che, per darne, un’idea, ne fa ascoltare una registrazione sul telefonino. Il suo sogno è quello di eseguirla 
in pubblico proprio al Gesù Nuovo, restituendo a Napoli un frammento della sua storia infinita.

venerdì 19 novembre 2010

Predire il futuro è possibile: lo dice la scienza




E' possibile predire il futuro. A dirlo non è un manipolo di chiaroveggenti e fattucchiere, ma un gruppo di scienziati della Cornell University di Ithaca, nello Stato di New York, in un articolo intitolato 'Feeling The Future', che verrà pubblicato prossimamente sul Journal of Personality and Social Psychology.
Si tratta del primo studio scientifico sui fenomeni paranormali ad aver avuto un netto riscontro in ambito empirico. Insomma, la parapsicologia del "me lo sentivo" o "sapevo che sarebbe successo", viene accolta per la prima volta sulle pagine della più nota rivista di psicologia dell'American Psychological Association
Ciò che dunque fino a ieri era stato bollato dalla scienza come un insieme di pure suggestioni, trova oggi il suo (lontano) perchè in un lunghissimo studio (otto anni di indagini) condotto dal professor Daryl Bem, il quale, secondo quanto si apprende, pare abbia raccolto una "massa critica di dati" sufficiente a contrastare le obiezioni dei revisori che avrebbero passato al setaccio il suo lavoro.
Il fattore 'psi'. Il termine chiave con cui psicologi e altri studiosi si riferiscono a fenomeni inspiegabili è il fattore 'psi'. Con questa lettera greca "vengono indicati tutti quei processi anomali di trasferimento di energie e informazioni che non hanno una spiegazione fisica o biologica". Tra questi, la telepatia, la chiaroveggenza, la psicocinesi (ovvero l'influenza apparente di pensieri e intenzioni su processi reali indipendenti), la precognizione e la premonizione di eventi futuri.
Fenomeni a cui la stragrande maggioranza del mondo accademico, tuttavia, non crede affatto. Anche se la fama e la notorietà dello psicologo statunitense (stimato a livello internazionale per i suoi lavori sulla percezione del sé, ndr) sembra aver lasciato attoniti anche i più ferventi oppositori.

Prevedere il futuro. Per riuscire a dimostrare l'esistenza di una 'specie di relazione' tra eventi che devono ancora accadere e le decisioni che prendiamo nella vita quotidiana, lo psicologo ha esaminato oltre mille studenti, sottoponendoli a nove esperimenti. A rendere nuovo l'approccio, l'idea di prendere in considerazione fenomeni comuni, invertendone però l'ordine logico-temporale.
In altre parole, ciò che di solito viene interpretato come la causa di un comportamento, nei test di Bem è stato mostrato o raccontato solo dopo il verificarsi dell'evento stesso. I risultati - considerati statisticamente rilevanti in otto casi su nove - hanno mostrato che i processi analizzati "funzionano anche se la causa arriva dopo la scelta, come se le nostre azioni - spiega il docente nel suo articolo -fossero il frutto di qualcosa che deve ancora avvenire".

Sperimentare la premonizione. In uno di questi esperimenti, ad esempio, Bem ha testato un fenomeno psicologico studiato a lungo: il priming affettivo. Nello scenario classico una persona, dopo aver osservato un parola su uno schermo, deve giudicare nel più breve tempo possibile se un'immagine è piacevole o meno. E' stato notato che se la parola che precede l'immagine ha un significato inverso rispetto alla figura (ad esempio, l'aggettivo 'brutto' e un disegno piacevole) le persone impiegano più tempo a rispondere.
Il ricercatore americano ha dunque invertito la prassi dell'esperimento: i partecipanti vedevano l'immagine e dovevano esprimere un giudizio prima di leggere. Così, stranamente, anche in questo caso, quando la parola aveva un significato opposto, i soggetti impiegavano più tempo ad esprimere un giudizio. Allo stesso modo, Bem ha anche testato altri effetti psicologici come l'attrazione verso cose piacevoli, l'istinto ad allontanarsi dai pericoli, la facilità con cui si richiamano parole e oggetti già visti: in tutti i casi ha invertito l'ordine temporale, ottenendo sempre la conferma della retroattività della causa.

Fisica o evoluzione? Riguardo le origini di questa capacità, lo psicologo non ha dubbi: "Una volta apparsa, psi è stata selezionata positivamente per gli indiscussi vantaggi che porta con sé". Ma come giustificare tali fenomeni? Su questo Bem mette le mani avanti: "Spesso nella scienza i dati empirici arrivano quando le spiegazioni non sono state ancora neanche immaginate e che varie altre teorie ritenute impossibili si sono poi rivelate vere". Ad esempio "la meccanica quantistica: all'inizio - ricorda lo specialista - anch'essa fu oggetto di numerosissime critiche, eppure oggi è la teoria su cui poggia gran parte della fisica moderna"

Le reazioni. Intanto, com'era prevedibile, lo studio ha suscitato un certo clamore tra gli esperti. A passarlo al vaglio è stato un team di quattro revisori, che pur avendo suggerito delle modifiche non hanno riscontrato alcuna incongruenza di fondo. "Personalmente, credo che tutto ciò sia ridicolo e non possa essere vero - scrive su Psychology Today Joachim Krueger, psicologo della Brown University (Providence) - tuttavia dal punto di vista della metodologia e di come è sono stati disegnati gli esperimenti, lo studio è inattaccabile".
Charles Judd, responsabile editoriale della pubblicazione sul Journal, ha fatto sapere che l'articolo sarà accompagnato da un editoriale che solleverà dei dubbi. "La speranza - ha precisato - è che altri studiosi colgano la sfida e provino a replicare questi risultati".

martedì 16 novembre 2010

Chi suona è diverso





Qualche dubbio c'era anche venuto, 
ma ora ne abbiamo una precisa conferma: chi suona è diverso... o per meglio dire, ha una mente diversa. Un studio condotto su un gruppo di studenti del Vanderbilt Blair School of Music ha permesso infatti di stabilire come la pratica musicale professionale abbia un ruolo anche nella modalità di risoluzione dei problemi della vita quotidiana.


giovedì 28 ottobre 2010

Leggere il pensiero non è impossibile


Leggere il pensiero è sempre stato considerato al limite del paranormale, una capacità misteriosa. Ma non impossibile. Ne sono coinvinti alcuni studiosi del California Institute of Technology di Pasadena, che richiamandosi ad uno studio precedente, svolto dal neuroscienziato Christof Koch 5 anni fa, sono riusciti nell'impresa. 
Avevamo già parlato di un computer in grado di farlo, e che grazie a questa sua capacità, aiutava le persone affette da patologie che inibiscono la parola, a comunicare con il mondo esterno.
Ma questa volta i ricercatori hanno messo a punto un sistema grazie al quale individui perfettamente normali sono riusciti a modificare alcune immagini su un computer utilizzando solo la forza del pensiero.
Niente di magico. Gli studiosi si sono solo 'limitati' a decodificare i segnali di trasmissione del pensiero, più banalmente i neuroni al lavoro nel cervello, e a fare in modo che questi si accendessero o spegnessero in base alla volontà della persona.
Preliminarmente, i ricercatori hanno posto alcune domande ai pazienti sui loro gusti: “Volevamo sapere - spiega Moran Cerf, uno degli autori dello studio, pubblicato su Nature -le loro preferenze musicali, ma anche televisive e sportive”.
Attraverso le risposte, è stato poi preparato un set di 100 immagini per ciascun paziente, che rappresentava le cose che amava di più. Le immagini selezionate erano quelle che attivavano di più i neuroni, e utilizzandolo è stato creato una sorta di videogioco: i pazienti dovevano osservare un'immagine al computer composta al 50% da una delle cose preferite e al 50% da un'altra 'di disturbo'. Il loro compito era cercare di far prevalere l'immagine preferita attivando il neurone corrispondente.
Gli studiosi hanno registrato un buon 70% dei casi di riuscita. “Ogni paziente ha trovato il proprio metodo – hanno spiegato - qualcuno ripeteva più volte il nome del personaggio, ad altri invece bastava pensarci intensamente, ma tutti sono riusciti nel test”.
Gli studi sull’attività cerebrale non sono certo una novità. Le funzioni della prima corteccia celebrare visiva, chiamata anche V1, furono scoperte all’inizio del XX secolo, quando ci si accorse che la parziale cecità riscontrata da alcuni soldati era da correlare alle ferite di proiettile riportate alla parte posteriore della testa. Successivi esperimenti sui roditori dimostrarono che l’aspetto degli oggetti che vediamo è replicato nella corteccia V1. Fu però negli anni ’90 che gli scienziati riuscirono a localizzare in maniera non invasiva queste rappresentazioni negli esseri umani.
Adesso, come registrare ciò che i nostri occhi vedono e il nostro cervello percepisce? Ladecodifica neurale (più banalmente, lettura del pensiero) avviene in più fasi. Prima di tutto uno scanner cerebrale registra i flussi sanguigni nel cervello di una persona a cui intanto viene mostrata una lunga serie di immagini. In un secondo momento un computer analizza l’attività del cervello davanti a ogni singola immagine, confrontando le reazioni cerebrali a dettagli come la forma e il colore delle immagini. Infine il computer stabilisce un modello che può poi utilizzare per identificare e ricostruire quasi ogni oggetto che la persona vede senza prima analizzare l’oggetto.
Quali possono essere le applicazioni delle macchine di decodifica neurale? Aiutare i medici nello studio di pazienti con disturbi cognitivi, allucinazioni o stress post-traumatici. Oppure esplorare la memoria dei sospettati giudiziari, determinando così la veridicità delle loro testimonianze.
E c’è persino chi guarda con preoccupazione gli sviluppi di queste ricerche, temendo che in futuro possano portare a gravi abusi praticati da pericoli spioni.