Chomsky aveva ragione: la facoltà di comunicare è innata. La nostra mente è infatti “programmata” ad apprendere il linguaggio poiché, fin da prima della nascita, conosce le regole sintattiche che ne sono alla base. È quanto affermano i ricercatori della Johns Hopkins University di Baltimora (Usa), guidati da Jennifer Culbertson, che hanno condotto uno studio volto a scoprire se il noto teorico americano ci avesse, effettivamente, “visto giusto”.
Nel corso dell’esperimento, gli studiosi hanno chiesto a due gruppi di soggetti adulti di lingua inglese, di giocare con un videogame che aveva per protagonista un piccolo alieno di nome Glermi, il quale cercava di insegnare agli utenti la propria lingua, chiamata Verblog. Nel primo caso, l’extraterrestre associava al nome di un oggetto una serie di aggettivi che, nelle lingue conosciute, non vengono mai accostati, mentre nel secondo caso le parole seguivano l’ordine sintattico tipico dei linguaggi umani.
Al termine dell’esperimento, è emerso che i partecipanti appartenenti al primo gruppo trovavano molta più difficoltà a comprendere cosa stesse accadendo sullo schermo rispetto agli altri. Secondo gli esperti, ciò dimostra che, proprio come aveva affermato Noam Chomsky cinquant’anni fa, la nostra mente conosce in modo innato le regole che sono alla base dei diversi linguaggi: è questo il motivo per cui i bambini riescono ad apprenderli con tanta facilità. Quando si tratta, invece, di dover imparare una lingua “aliena”, fondata cioé su un ordine sintattico differente, il cervello umano trova estrema difficoltà a decifrare ciò che osserva.
“Il nostro studio suggerisce che l’acquisizione del linguaggio ‘alieno’ è stata resa più semplice dalla conoscenza, dai parte dei soggetti, di alcune importanti regole che sono alla base dei diversi linguaggi umani”, spiega Culbertson
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